Yonca Karakas è nata a Diyarbakir nel 1982. Ha studiato presso la facoltà di Art and Design di Yildiz e attualmente vive e lavora ad Istanbul.
Yonca crea composizioni simmetriche dominate da colori pastello all'interno delle quali inserisce personaggi sinistri, uomini e donne che sembrano robot, come fossero stati clonati e messi li. Pelle bianca, sguardi persi nel vuoto, guance rosee e ambienti soft e tanti oggetti di scena ricchi di significati simbolici che servono per rendere ancora più drammatico ogni singolo scatto.
Nelle sue foto Yonca dispone simboli e persone in ordine, tutto è nitido e ben curato e sembra che tutti siano in attesa di qualcosa o qualcuno.
L’idea di attesa sembra palesarsi al meglio nella serie di foto dal titolo Starchil Hyperanthropos, ovvero la "razza superiore", che citando a filosofia di Nietzsche dovrebbe essere il passo successivo all'evoluzione umana.
Yonca Karakas spiega così questo suo complesso lavoro: nel libro "Così parlò Zarathustra", Nietzsche definisce l'essere umano come teso tra un animale e un essere umano superiore; il filosofo sostiene che il genere umano dovrebbe andare oltre se stesso per tendersi verso un essere umano superiore. Ogni persona dovrebbe quindi andare oltre se stessa e Nietzsche vede in questa tensione un ponte verso l'umano superiore che si avvicina alla conoscenza pura, quella senza ideologia, religione o filosofia.
Karakas sta cercando con questa serie di mettere in luce la nascita della conoscenza pura, la negazione delle informazioni e, infine, l'accettazione di nuove informazioni. L'artista si ispira all'ultima scena del film 2001: Odissea nello spazio di Kubrick, ed in particolare alla scena dove il protagonista astronauta vede se stesso in tre diversi luoghi e fusi orari.
Secondo Karakas, il fuso orario in cui viviamo ospita molteplici realtà. Mentre il mondo in cui viviamo si sforza di contenere tanti i tipi di informazioni, questo non significa necessariamente che il significato di tutto sia stato trovato. Veniamo costantemente esposti alla stesse immagini, agli stessi suoni e alle stesse ideologie. Siamo faccia a faccia con un'informazione che è parassita: noi crediamo in essa, ma ciò non vuol dire che sia quella giusta. Per citare l’artista, "la nostra fede e la nostra memoria posso essere a volte fuorvianti".
Tutto il suo lavoro è un lucido e puntuale atto di estraneazione, tinteggiato di rosa e abbellito da sofisticati oggetti di scena.