Ha aspettato anni per trovare quella che ha definito “la roccia perfetta”. Ora il masso dal peso di 340 tonnellate è diventata un’opera d’arte grazie al Michael Heizer. Per poter ammirare la gigantesca scultura (Levitated Mass) bisognerà andare al museo di Los Angeles. Ed è qui che si apre la polemica che riguarda il trasporto che creerà non pochi problemi per il trasporto. Oltre, naturalmente, alla collocazione nello spazio museale.
Michael Heizer è nato in California, ha frequentato il San Francisco l’Art Institute. Nel 1966 si sposta a New York, dove ha iniziato la sua carriera di artista con lavori di piccole dimensioni, dipinti e sculture.
Alla fine del 1960 lascia New York per recarsi nei deserti della California e del Nevada, dove ha iniziato a produrre opere su grande scala e documentazioni in film e in fotografie dei suoi lavori. La sua produzione più nota è Double Negative, 535 metri di trincea scavata sul fianco di una montagna nel deserto del Nevada. Il lavoro fu documentato da Gerry Shum nel famoso film Land Art. Da allora, Heizer ha continuato a produrre opere di Land Art e dalla fine degli anni ’90, il suo lavoro si è concentrato principalmente su City, il progetto di un enorme complesso nel deserto di Lincoln County, in Nevada. Ha inoltre prodotto una serie di dipinti astratti, e sculture di grandi dimensioni, spesso ispirate alle forme prodotte dai nativi americani, che si possono trovare nei musei e negli spazi pubblici in tutto il mondo. Il suo lavoro è sostenuto dalla Dia Art Foundation attraverso una borsa di studio della Fondazione Lannan. City è tuttora incompiuto e non è ancora aperto alle visite del pubblico.
Land Art
Il rapporto che lega l’individuo all’ambiente è di primaria importanza, dal momento che la natura fa da sfondo al quadro della nostra esistenza; infatti, siamo destinati a sbocciare e a decomporci nella sua vasta matrice; ma la nostra ambizione e i nostri talenti, combinandosi, ci inducono a desiderare qualcosa di più della semplice sopravvivenza: aspiriamo a lasciare un segno, a inscrivere le nostre osservazioni e i nostri gesti nel paesaggio, nel tentativo di interpretare e superare lo spazio in cui viviamo.