Dai graffiti sui muri dei writers, il via per un itinerario che ci porta ai particolari “graffitari” nel periodo della Serenissima. Niente tags, ma navi, avvenimenti storici, personaggi, lunghe quarantene da scontare e da ricordare. Dal Fontego dei Tedeschi, al sottoportego del Traghetto a S.Canciano, dalle porte della Scuola di S.Marco (oggi Ospedale Civile) in campo SS.Giovanni e Paolo, all’isola del Lazzareto Novo tra Sant’Erasmo, S.Francesco del deserto e Burano nella Laguna Nord.
Graffiti. Arte o barbarie? Espressione artistica o puro degrado di territorio e beni? Tema non nuovo e sicuramente molto discusso.
Se pensiamo agli americani Keith Haring o a Jean-Michel Basquiat, che partendo dal graffito sui muri o sui vagoni della metropolitana costruirono il loro successo planetario, potremmo guardare con una certa benevolenza a questo tipo di fenomeno.
Ma se non tutti quelli che hanno stretto una matita tra le dita si possono paragonare a un Degas, o a un Picasso, non tutti quelli che stringono una bomboletta in mano o un pennarello indelebile hanno la genialità dei maestri, spesso sconfinando nel vero e proprio vandalismo quando coinvolgono con la loro opera, indiscriminatamente mura o palizzate e nella peggiore delle ipotesi, marmi e monumenti.
Eppure, scritture e graffiti hanno segnato, forse inconsciamente per gli autori originali, la storia non solo dell’arte ma quella dello stesso “Homo Sapiens”.
Pensiamo a graffiti e alle pitture rupestri di migliaia di anni fa a Lascaux in Francia o a quelle di Altamira in Spagna.
Pensiamo alle scritte, più recenti, lasciate dai prigionieri in molte buie e terribili prigioni di tutto il mondo.
Anche nei Piombi di Venezia a Palazzo Ducale scritte impressionanti e disegni ricordano non la sola detenzione di molti, ma ci riportano anche, con le loro considerazioni, alle condizioni sociali e al vissuto del tempo.
Il Fontego dei Tedeschi (approdo Actv Rialto, linea 1 o 2, ex sede veneziana delle Poste Italiane) è un edificio del cinquecento che ospitava, ai tempi della Serenissima, la ricca colonia dei mercanti di lingua tedesca.
La presenza del fondaco è documentata fin dal 1225 ma il palazzo che noi vediamo, è la ricostruzione, avvenuta a far data dal devastante incendio del 1505 in soli tre anni, della struttura precedente.
Il costo di trentamila ducati, fu, “chiavi in mano”, comprensivo cioè degli affreschi del Giorgione sulla facciata del Canal Grande e quelli del Tiziano sul rio laterale, (quello che resta delle pitture originali si può vedere alla Galleria Franchetti alla Ca’d’Oro o alle Gallerie dell’Accademia).
La Venezia del ‘500 era considerata la capitale europea del commercio e Rialto ne era il suo centro.
Il Fondaco dei Tedeschi, che in realtà ospitava non solo tedeschi, ma anche austriaci, fiamminghi, ungheresi, era interdetto alle donne che non vi potevano albergare. Facile che molti “todeschi” che non potevano congiungersi con la famiglia, avessero molte lunghe e noiose ore da spendere all’interno.
Forse anche per questo, quasi tutti i marmi dei davanzali delle finestre che si affacciano nel cortile interno al primo piano, portano numerosi “graffi” a secco con scritte, firme e disegni.
Il Fontego dei Tedeschi (interno) con la balaustra graffita
Alcune di queste, molto particolari, riportano lo schema di una tastiera del gioco da noi conosciuto come “Tria” o “Molenspiel” alla tedesca, oppure croci con braccia di varia fattura.
E’ interessante notare che i tedeschi, che si appoggiavano per il culto alla vicina chiesa di S.Bartolomeo, per la quale commissionarono ad Albrecht Dürer residente a Venezia nel 1495, la pala della Festa del Rosario, potessero godere del privilegio della “concione”, cioè della predica nella loro lingua madre.
La Pala del Rosario dipinta per la chiesa di S.Bartolomeo a Venezia, ora alla Nàrodnì Gallerie di Praga
Con la riforma luterana che coincide con l’affissione delle 95 tesi da parte di Martin Lutero sulla porta della chiesa di Wittenberg, il 31 ottobre 1517 e l’adesione di parte del mondo germanico, il Fontego fu fonte di affanno per la politica della Serenissima.
Una visione che si voleva equidistante tra potere politico ed ecclesiastico, sempre vigile agli “umori” del potere apostolico romano, ma in più con l’incognita, a partire da quel momento storico, degli sviluppi e delle conseguenze della riforma luterana.
E forse, su quelle croci incise a forza sulla pietra, si possono intravedere i primi segni dell’arrivo della riforma a Venezia.
Una volta usciti dal Fontego dei Tedeschi girare a destra, ponte de l’Ogio, sulla sinistra, la facciata del Fontego, affrescata in origine da Tiziano, ora con le firme dei moderni writers.
Continuiamo a piedi per Salizada S.Giovanni Grisostomo, costeggiamo la chiesa, poi dopo il ponte a destra calle fino a e raggiungere campo S.Canciano.
A sinistra ponte di S.Canciano e sottoportico del Traghetto.
Qui sulle colonne del portico, sono incise tariffe del traghetto in gondola per le isole della Laguna Nord, nomi di gondolieri, croci devozionali, ricordi storici di fatti successi qualche secolo addietro, come il grande freddo che ghiacciò tutta la Laguna nel 1884, al punto che si poteva raggiungere le isole Murano, Burano, Torcello a piedi.
Un piccolo scorcio della vita della Venezia di tutti i giorni nei secoli passati da cercare e da interpretare tra le colonne abbastanza deteriorate dalla “patina” del tempo.
Ci spostiamo ora di qualche centinaio di metri, alla ricerca del vicino campo dei Santissimi Giovanni e Paolo.
Raggiunto il campo, seppure sia difficile rimanere insensibili al fascino del monumento equestre di Bartolomeo Colleoni o quello della Basilica-Pantheon della Repubblica di Venezia, con i suoi monumenti funebri o mausolei, dobbiamo cercare l’entrata rinascimentale della Scuola Grande di S.Marco, (sin dal 1819 Ospedale Civile di Venezia).
Canaletto, la Scuola di S.Marco, Dresda, Gemaldegalerie
Il portale d’ingresso, sugli stipiti, porta molti graffiti a secco di interessanti e bellissimi disegni di navi della marineria veneta del XV e XVI secolo, navi “cocche” o “galere”.
Oppure la strana figura di un omino con un cuore in mano, che ha dato vita a una delle leggende più romantiche di Venezia, assieme a quella del “Bocolo” con la rosa rossa che è regalata, come segno d’amore, a tutte le donne il 25 aprile, giorno di S.Marco, santo protettore della città.
Ci avviamo ora, sulla fondamenta di lato alla Scuola, la Fondamenta dei Mendicanti, e superato il primo ponte in ferro, e i due successivi, raggiungiamo l’imbarcadero Actv di Fondamente Nove, da dove prendiamo il vaporetto di linea 13 per l’isola del “Lazzaretto Novo”.
Nel 1468, venne istituito presso l’isola detta “Vigna Murada” un lazzaretto con compiti di prevenzione del contagio, detto “Novo” (nuovo) per distinguerlo dall’altro già esistente nell’isola posta di fronte al Lido (Vecio), dove invece erano ricoverati i casi conclamati di peste.
Da aprile a settembre, il sabato e domenica, con visite guidate a cura dell’Archeoclub d´Italia alle ore 9.45 e alle ore 16.00 si potrà visitare l’isola e scoprire il fascino delle costruzioni del lazzaretto e in particolare dell’edificio più grande, il “Teson Grando”, lungo oltre 100 metri.
All’interno, vi si possono leggere disegnati sui muri i graffiti di 500 anni fa, che illustrano i fatti e gli accadimenti di questo posto di quarantena uomini (magistrati, mercanti, marinai, “bastasi” ovvero facchini) in sospetto di peste e della loro mercanzia, messa a “sborar”, cioè a purificarsi.
Graffiti al Lazzaretto Nuovo
Non solo, vi si leggono anche fatti storici, come elezioni di Dogi, e racconti di viaggio di navi provenienti dai lontani porti toccati dalla marineria dell’epoca, come ad esempio Cipro e Costantinopoli.
A purificarci ci penserà ora il viaggio di ritorno che ci porterà indietro scivolando lentamente a bordo del battello della linea 13, fiancheggiando isole, chiese, palazzi, rive, fondamenta che si specchiano sull’acqua e che ci aiuteranno a trovare una risposta al quesito di partenza del nostro pellegrinaggio.
Arrivati a Fondamente Nove, l’itinerario può proseguire a bordo di un mezzo Actv sia in direzione Ferrovia-Piazzale Roma, sia in direzione Lido-S.Marco, linee 41-42 o 51-52.
di Alessandro Rizzardini per "HelloVenezia"